17 Lug

Come misurare correttamente il tempo (rispetto al ciclo della vita)

Il tempo è un’emozione, lo puoi vivere in due direzioni diverse, in lunghezza e in larghezza

“Trova il tempo di lavorare, è la via per riuscire.
Trova il tempo di pensare, è la fonte della tua energia.
Trova il tempo di giocare, è il segreto della giovinezza.
Trova il tempo di leggere, è la radice della conoscenza.
Trova il tempo d’esser gentile, è la strada della felicità.
Trova il tempo di sognare, è il sentiero che ti fa volare alto.
Trova il tempo di desiderare, è la freccia verso l’obiettivo.
Trova il tempo di essere contento, è lo spazio della soddisfazione.
Trova il tempo di sorridere, è lo slancio dell’anima.
Trova il tempo di respirare, è il segreto del piacere.
Trova il tempo di amare, è la vera gioia di vivere.
Trova la vita nel tempo che ogni istante ti offre, è il rimedio alla morte.”
(Testo irlandese anonimo)

…per tutto il tempo che abbiamo da vivere…
“Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo domanda non lo so” diceva Sant’Agostino, e in effetti il tempo è una dimensione con la quale noi tutti conviviamo in ogni momento e a cui tutti potremmo credere concettualmente di saper dare una spiegazione ma con cui, da sempre, si misura la filosofia senza venirne a capo. Tanto che ancora oggi molti filosofi sono costretti a concordare con il saggio Agostino quando ne affrontano il mistero. Insomma un po’ come i concetti di malattia e salute: facile pensare di averne il significato ben chiaro in testa, un po’ meno esprimerlo quando ci viene richiesto espressamente.
Come mai ho deciso di parlare dell’argomento tempo e di inserirlo in questa mia teoria è facilmente spiegabile: mi è venuto in mente un giorno di ragionare su quanto tempo stiamo male nell’arco della nostra vita! Quanto tempo sprechiamo nel malessere, nel dolore, nella non felicità… Più facile, non potete negarlo, pensare al tempo in cui siamo stati male che a quello in cui siamo stati realmente bene, realmente felici.
La società quasi ce lo impone, ci scandisce il tempo dell’infelicità: ad un certo punto succede che qualcuno, solitamente un medico ma a volte anche un amico nella banalità di uno scambio di chiacchiere, ci dice che qualcosa in noi non funziona come dovrebbe, qualcosa non va, portando la nostra attenzione su quello che non sta seguendo una giusta traiettoria. Da lì, solo da quel momento, proprio da quel momento, iniziamo a contare i giorni di malessere, di infelicità. Perché permettiamo a qualcuno di dirci come stiamo o che non stiamo bene quando fino ad un momento prima noi stessi non sapevamo o non ci eravamo resi conto che qualcosa non stava funzionando a dovere?
Paradossalmente se non facessimo mai controlli sulla nostra salute, fatti salvi i casi con una sintomatologia evidente, potremmo non sapere mai che non stiamo bene.
E perché il tempo che scorre comincia ad avere un suo senso solo da quel momento? Perché è così difficile fare lo stesso con gli attimi di gioia? Con i lunghi periodi in cui le cose funzionano davvero e noi non riusciamo nemmeno a prestare attenzione al nostro star bene? Eppure il tempo di vita è lo stesso…
Credo quindi che il riflettere seriamente sul tempo, sul suo scorrere, sul fatto che in qualche modo la nostra intera vita sia scandita, quasi come distesa dentro al passare del tempo, sia stata una scelta intelligente (e questo è un attimo di compiacimento che mi permetterete!). Intelligente perché quella sul tempo è una riflessione che potrà farci percorrere anche in territori ben più insidiosi: la domanda sul senso del tempo può coincidere infatti con la domanda sul senso della vita.
Per addentrarci nel concetto e riflettere sul suo significato vi propongo allora un breve excursus sulle diverse teorie che nei secoli hanno avuto come argomento l’idea di tempo… niente di pesante prometto, appena qualcosa per capire quanto complesso e variabile sia stato lo studio di questo argomento e quanto ancora oggi le idee siano a dir poco confuse:
Newton mise il tempo su un piedistallo su cui prima il tempo non era collocato. Nell’antichità, per esempio per Aristotele, il tempo era solo un modo di misurare come si muovono le cose: se non c’è nulla che si muove, non c’è tempo.
Invece Newton per costruire la sua fisica immaginò la possibilità di un immenso spazio vuoto dove il tempo passa anche se non c’è niente e non accade niente. Newton separò il tempo dagli accadimenti del mondo, riuscì ad immaginare un’idea di tempo che passi di per sé indipendente da tutto il resto.
Per Epicuro invece il tempo era solo il calcolo degli eventi che si vivono, ciò che rende coscienti gli eventi che sono accaduti… il tempo senza eventi non esiste, sono gli eventi ad essere una cosa naturale e non il tempo ed è la loro sistemazione all’interno della nostra memoria a rendere oggettivo il tempo così come l’immaginare eventi futuri.
Einstein si accorse invece che fra quello che chiamiamo “passato” e quello che chiamiamo “futuro” c’era qualcos’altro che prima nessuno aveva notato. Non soltanto un effimero e istantaneo “presente”, ma molto di più. Il motivo per cui questo “qualcos’altro” di solito non viene notato è che dura molto poco. Quanto dura questo “né passato né futuro” dipende dalla distanza quindi dallo spazio. Per esempio se noi stiamo parlando nella stessa stanza, l’intervallo che non è né passato né futuro è di qualche nanosecondo cioè pochissimo e non lo notiamo.
Se ci stiamo telefonando tra Italia e Stati Uniti essa dura un millisecondo, ancora troppo poco per notarlo, ma se io fossi sulla terra e tu che leggi ti trovassi su Marte allora il “né passato né futuro” durerebbe un quarto d’ora e questo sì che sarebbe degno di nota. Per questo non si può avere una conversazione diretta fra Marte e la Terra, il segreto è tutto qui: perché anche se io provo a rispondere non appena sento la tua domanda, tu comunque avrai la mia risposta dopo 15 minuti. Quei quindici minuti non sono né nel mio passato né nel mio futuro. Sono nella “zona intermedia”.
Sembra assurdo, ma le conseguenze di questa scoperta sono davvero importanti. Significa che non si può dire “in questo momento nell’universo le cose sono così o in questo modo”… Non esiste, in realtà, un “questo momento” nell’universo!
A tal proposito mi viene da fare una riflessione: quando sentiamo di essere distanti da qualcosa o da qualcuno, e non intendo fisicamente, quando abbiamo la sensazione che qualcuno sia lontano da noi, probabilmente è solo perché non siamo realmente presenti nel qui ed ora… non si tratta di essere davvero distanti, ma di non essere realmente presenti, di non vivere il presente nel presente!
Il concetto di distanza invece, intesa come spazio fisico nella teoria della relatività (Terra-Marte, ricordate?), ci mostra che maggiore è il gap che ci separa, maggiore è il tempo che paradossalmente potremmo vivere in un istante presente che non sia né il nostro passato né il nostro futuro… questo vuol forse dire che per essere presenti nel qui ed ora dobbiamo allontanarci fisicamente dal nostro obiettivo?
Come potrebbe invece essere possibile vivere in maniera sempre più attiva e intenzionale il presente senza allontanarci da noi e da ciò che vogliamo? Perché non provare a goderci quei trenta minuti di presente attesa nel dialogo con l’altro? Quei trenta minuti di vita che passa tra ciò che noi diciamo e la risposta che arriva dal mondo? Invece continuiamo a correre sempre nella certezza che l’universo intorno a noi ci debba rispondere immediatamente, in un nanosecondo come è tipico dell’era moderna, come è proprio della rincorsa al tutto e subito, incapaci di godere del momento, di sentire veramente cosa ci sta accadendo. Se ciò che stiamo vivendo è per noi davvero importante perché non impariamo a soffermarci, ad ascoltare, ad escludere tutto il resto dai nostri pensieri? Un po’ come accade nella meditazione, quando tutto si concentra sul respiro, sul sentire la vita che fluisce e tutto il resto diventa contorno, fino a scomparire. Niente di strano che oggi la maggior parte delle persone si dica incapace di meditare!
Perché non imparare a godere del momento presente invece di guardare continuamente solo al passato o al futuro?
Tornando alla mia teoria, la persona che si trova all’interno del range di benessere si muove verso la linea immaginaria del tempo, di per sé statico perché solo unità di misura delle sensazioni, senza percepirne lo scorrere in maniera particolare. Al di là di A e B invece (vedi articolo sulla guarigione), essendo noi in una condizione di passività rispetto all’esistenza e ai suoi accadimenti, la percezione sarà quella di vedere il nostro tempo diminuire e quindi la sensazione sarà quella di percepire il tempo come in movimento verso di noi. Le stesse esperienze che in questo frangente saranno vissute in maniera per lo più negativa daranno l’impressione che il tempo sia sempre troppo poco per migliorare la nostra condizione e quindi che le nostre possibilità siano ridotte. In realtà quello a nostra disposizione sarà il tempo necessario per poter maturare all’interno dei nostri pensieri la reale possibilità della guarigione o del tornare al benessere.
La cosa importante sarebbe quella di riuscire a sviluppare quanto prima la consapevolezza di voler e poter tornare a star bene. Per far questo non esiste un tempo definito che sia uguale per tutti perché il tempo, come si è detto, è in realtà fittizio e legato alla percezione soggettiva: per questo più staremo in una situazione di malessere più avremo la sensazione che il tempo ci venga incontro e ci venga a mancare.
Il tempo può misurare solo il cambiamento, il passaggio cioè tra la nostra realtà attuale ed il cambiamento miracoloso che ci porta al suo modificarsi.
Non è quindi il tempo, ma il continuo cambiamento che misura lo scorrere della vita.
Mentre cercavo spunti sul concetto di tempo e analizzavo le mie personali teorie, perdendo tempo, mi sono imbattuto nello spezzone di un film tanto bello quanto paradossale, come solo i film con un retro pensiero filosofico sanno essere.
Ve lo riporto per riflettere di nuovo insieme:
“Il tempo è un’emozione, lo puoi vivere in due direzioni diverse, in lunghezza e in larghezza.
Se lo vivi in lunghezza, in modo monotono, sempre uguale, dopo 60 anni voi avrete 60 anni…
Se invece lo vivi in larghezza, con alti e bassi, innamorandoti, magari facendo pure qualche sciocchezza,
allora dopo 60 anni avrai solo 30 anni!
Il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita quando invece bisognerebbe allargarla!”
(tratto dal film “32 dicembre” di Luciano De Crescenzo)

Biznes

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